La sentenza in commento affronta il tema della privativa in materia di gestione dei rifiuti, trattando il caso di un’impresa inizialmente autorizzata a ricevere anche rifiuti urbani da avviare a recupero provenienti da abitazioni civili e conferiti da produttori privati. Tale autorizzazione, in sede di rinnovo, è stata tuttavia modificata con una prescrizione che prevedeva il divieto di ricevere tali rifiuti urbani, sulla base della privativa comunale che assegna ai comuni, nell’ambito della gestione integrata dei rifiuti, anche la fase di recupero.
Avverso tale provvedimento, l’azienda ha dunque proposto ricorso, il quale è stato respinto dal TAR che, invece, ha ritenuto sussistente detta “privativa” alla luce di quanto previsto dall’art. 25 comma 4 Dl 1/2012; l’interessato ha impugnato anche tale pronuncia del TAR davanti al Consiglio di Stato, il quale ha accolto il gravame stabilendo che la privativa dei Comuni non copre il recupero, non essendo questo mai menzionato nell’art 198 TUA.
I Giudici, invero, dopo una ricostruzione dell’evoluzione normativa circa la privativa in parola, hanno affermato come il concetto di gestione integrata sia previsto dall’odierno art. 25 comma 4 Dl 1/2012 (conv. In L. 27/2012): “Per la gestione ed erogazione dei servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani, sono affidate ai sensi dell’art. 202 TUA e nel rispetto della normativa europea e nazionale sull’evidenza pubblica, le seguenti attività: a) la gestione ed erogazione del servizio che può comprendere le attività di gestione e realizzazione degli impianti; b) la raccolta, la raccolta differenziata, la commercializzazione e l’avvio a smaltimento e recupero, nonché, ricorrendo le ipotesi di cui alla lettera a), smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all’interno dell’ATO. (…)”.
Al contempo, tuttavia, il medesimo Collegio ha evidenziato come, in tale contesto, si innesti l’art. 198 TUA, secondo il quale “I comuni concorrono, nell’ambito delle attività svolte a livello degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200 e con le modalità ivi previste, alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Sino all’inizio delle attività del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta dall’ente di governo dell’ambito ai sensi dell’articolo 202, i comuni continuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267” osservando come, secondo il Giudice di I grado, tale norma prevedrebbe una privativa a favore dei comuni estesa anche alla raccolta per l’avvio al recupero.
Secondo il Collegio, invece, un regime di privativa, per essere ammesso, deve sia essere giustificato alla luce del principio di concorrenza (Artt. 101-109 Trattato sul funzionamento dell’UE), sia essere previsto espressamente da una norma di legge, e non già ricavato in via interpretativa (posto che dalle norme sulla gestione integrata dei rifiuti (tra cui l’art 25 comma 4 Dl 1/2012) non si evince espressamente l’esistenza di una privativa).
A tal riguardo, viene infatti osservato che “le uniche norme di legge che richiamano espressamente la “privativa” sono allora quelle di cui all’art 21 d.lgs. 22/1997 – l’abrogato Decreto Ronchi – e quelle dell’articolo 198 d.lgs. 152/2006, che nel primo caso ne eccettuano espressamente il recupero, e nel secondo caso non ne parlano affatto”.
I Giudici, sotto altro profilo, proseguono affermando di condividere la ricostruzione operata dalla sentenza C.G.A. 410/2022 e richiamando, tra l’altro, la Direttiva 2008/98/CE, giungono ad affermare che “la logica della disciplina europea e della conforme disciplina nazionale è allora quella per cui l’attività in esame può esser svolta da più soggetti, purché nel rispetto degli interessi pubblici coinvolti, mentre non vi è spazio per ricavare l’esistenza di una privativa, là dove non espressamente prevista (…)”.
La sentenza, infine, fa menzione delle preoccupazioni manifestate dal Ministero dell’Ambiente con nota del 8/03/2022 prot. N. 28965 circa la possibile influenza negativa che possa avere l’attività di un operatore che raccolga e avvii a recupero determinati rifiuti direttamente dai privati sul calcolo delle percentuali di raccolta differenziata da raggiungere: a tal proposito, i Giudici hanno ritenuto che “la tematica può essere disciplinata dal Comune con apposite convenzioni sulla base del principio di leale collaborazione fra soggetti pubblici e privati”, ricordando, inoltre, che il soggetto che esercita un’attività di recupero è, per definizione, un gestore ambientale, tenuto all’ iscrizione all’ Albo e tenuto a documentare, attraverso il registro di carico e scarico, la propria attività e, pertanto, non sembrano esservi ostacoli “a che il soggetto in questione possa fornire al Comune interessato tutti i dati necessari a che esso dimostri che nel proprio territorio gli obiettivi di raccolta differenziata si raggiungono anche con l’apporto del privato”.
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