Cui prodest?
Siamo alle solite! Non capisco perché in Italia ogni tentativo di semplificazione venga guardato con sospetto, quando non addirittura avversato da alcuni. Per quale motivo, quando viene emessa una norma che mira alla semplificazione ed a sgravare le imprese da costi ed incombenze, qualcuno si sente in dovere di diffondere dubbi e timori inducendo le persone e le aziende a non percorrere quella via verso la semplificazione? Perché portare avanti il vecchio metodo solo perché si conosce meglio?
Cui prodest?
Ricominciamo da capo: la Legge di Bilancio 2018 al punto 1135 del Dlgs 152/06, con l’introduzione dell’ articolo 194 bis che al comma 3 recita che: si permette “la trasmissione della quarta copia del formulario di trasporto dei rifiuti prevista dal comma 2 dell’articolo 193, anche mediante posta elettronica certificata” non lascia adito ad interpretazioni.
La normativa consiglia l’utilizzo della PEC in molti contesti e ribadisce che la PEC è lo strumento da utilizzare per tutte le comunicazioni elettroniche richiedano le ricevute di invio e di consegna. Questo perché la Posta Elettronica Certificata, D. LGS. 82/2005, rappresenta un sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi, mentre, il Messaggio di posta elettronica certificata è il documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati.
Questo concetto viene perfettamente definito dall’ Art. 3 d.p.r. 68/2005: “Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.
Questo, infatti, grazie alla firma digitale di cui è munito, garantisce e certifica il contenuto del messaggio e la sua integrità e lo fa al punto tale che se il messaggio o i suoi allegati subissero modifiche la “detached signature” scomparirebbe trasformandosi in una semplice prova di alterazione di una busta di trasporto firmata digitalmente (ad esempio, mediante rimozione degli allegati) e restituirebbe un messaggio non più munito di firma digitale; queste sono le vere potenzialità della PEC.
La PEC non garantisce il contenuto degli allegati
Sulla base delle riflessioni fatte in precedenza, mi sembra evidente che la PEC non garantisce il contenuto degli allegati, così come la raccomandata, ma può garantire che questi non siano stati alterati e di conseguenza, una volta risaliti all’originale, legittimare il contenuto iniziale degli stessi.
Come sottolineato nella nota esplicativa del Ministero dell’Ambiente prot. 00001588 del 31-01-2018, la norma di cui al comma 3 prevede la possibilità in alternativa alle procedure di cui all’articolo 193 del Dlgs. 152/2006, di adempiere “all’obbligo di trasmissione della quarta copia del formulario di trasporto dei rifiuti anche mediante posta elettronica certificata”, chiarendo inoltre che “la norma in oggetto, così come formulata, risulta applicabile senza la necessità di una specifica procedura” fatta salva la possibilità del Ministero che, nell’emettere un proprio decreto, possa stabilire “specifiche modalità operative”.
È un parere chiarificatore per cui è indubbio che l’invio della IV copia via PEC possa avvenire già oggi in attesa di eventuali norme attuative del nuovo art. 194 bis, senza doversi attenere ad alcuna procedura particolare (protocollo digitale, conservazione sostitutiva, firma elettronica, invio a mezzo posta o corriere, successivo invio dell’originale, etc.) e che la copia del formulario ricevuta dal produttore, debba essere stampata, operazione che, alla luce dell’art. 2719 Codice civile che definisce l’efficacia delle copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche se non sono espressamente disconosciute, sembra l’unica via percorribile senza ricorrere all’archiviazione sostitutiva: la fotocopia vale l’originale a meno che questa non venga espressamente disconosciuta. Lo stesso vale per il documento digitale firmato ed archiviato in conservazione sostitutiva. Infatti, il DPCM 13 Novembre 2014 all’ art. 4 spiega che il documento deve avere l’autenticazione di un notaio esattamente come previsto dall’art. 2719 prima parte, altrimenti è valido ma può essere disconosciuto anche se firmato digitalmente da chi l’ha formato. Ecco perché la firma digitale è inutile così come la conservazione sostitutiva del documento, se la fotocopia o immagine digitale che dir si voglia, viene disconosciuta; in sintesi, alla luce di quanto detto dal momento che un’originale (quello del trasporto o perché no, entrambi i via libera dell’invio via PEC) della IV copia del formulario d’identificazione dei rifiuti c’è, allora, se semplificazione dev’ essere, che semplificazione sia e … Benvenuta digitalizzazione!
Roberto Ribaudo
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